La conobbi su quel treno e mi sedusse con la sua loquacità. Mai nessuna persona mi donò tanto quanto lei nel breve tempo in cui parlammo. Negli istanti di qualche ora mi regalò tutta la sua vita, i suoi misteri, i suoi dolori. Tutto ciò che le apparteneva fu mio e mi rammarico di essere stato in grado di cogliere l’immensità di quell’anima, la bellezza di quella Venere, la spiritualità di quella Fenice, solo in parte per l’inconsistenza del mio essere.
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Cara,
tutti i miei amici mi hanno abbandonato e nella solitudine ti scrivo. Passeggiando per questi luoghi, illuminati dalla luce mattutina, ricordo le giornate della mia felicità durante le quali qui venni con le due persone più importanti della mia vita. Inevitabilmente rimembro anche le nostre sere quando era ancora possibile, per me, cogliere quel poco di felicità che tu mi potevi donare.Se un tempo rappresentasti una parte importante nel mio teatro ora non so più se ti amo. Mi sembra talmente lontano quel periodo e altrettanto lontano mi sembra il sogno di averti posseduta. Già, forse fu un sogno?
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Non posso guardarti negli occhi e ucciderti così. Il lucernario che vedo in quel castano scomparirebbe e in me pure morrebbe una fiaccola di vita.Pure tu non pensi? La mia vita, ormai, non è che una perpetua neve e quegli attimi, che non mi fanno pensare al passato, portano la serenità di un fiammifero solo.Già da qui vorrei scappar via! Non credi tu, forse, alle angosce di questo cuore? Non mento, ricordalo, non mento! Ogni pensiero che il mio animo poeta dice è verità e tu nulla potrai per screditare le mie fatali parole.
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